Molto spesso, quando si pratica un determinato lavoro, si tende ad osservare ciò che circonda con una sorta di occhiali professionali, dotati di lenti speciali che mettono in risalto tutto ciò che è affine alla propria attività lavorativa (a volte notando anche affinità che non necessariamente ci sono).
Probabilmente sarà capitato anche a te di leggere un romanzo, guardare un film, partecipare ad un evento per poi interpretarlo alla luce delle tue esperienze e conoscenze… tra le quali, per l’appunto, c’è anche la professione.
Così capita che guardi una serie televisiva – magari di fantascienza – e cominci a notare certi particolari che riguardano proprio ciò che fai tutti i giorni.
O almeno è quello che è successo a me guardando Doctor Who.
Se non ti è mai capitato di vedere un solo episodio, devi sapere che Doctor Who è una serie televisiva inglese, che racconta le avventure di un viaggiatore del tempo che proviene da un altro pianeta. Si tratta di una serie estremamente longeva, che ha avuto inizio sugli schermi della BBC nel ’63 e che – salvo una interruzione di sedici anni – è tutt’ora in corso.
La caratteristica principale del personaggio, di cui non si conosce il nome e che si presenta come “il Dottore”, per l’appunto, è il suo ritrovarsi a dover salvare persone, se non interi mondi, senza l’utilizzo della violenza o delle armi, ma solo con l’ausilio della sua intelligenza.
C’è da dire che il protagonista, non solo è geniale, ma tutt’oggi ha più di mille anni; mille anni di esperienza, di avventure e di esplorazioni per pianeti di ogni genere che l’hanno reso detentore di quasi ogni conoscenza… malgrado ciò vive ancora mosso da alcune passioni conosciute anche a noi esseri umani.
Puoi immaginare quanto il personaggio sia straordinario, fuori dal comune, tanto che i creatori della serie lo hanno affiancato con dei compagni di viaggio umani, per fare in modo che gli spettatori si potessero quantomeno riconoscere in loro.
Credo che se non hai mai visto la serie, le mie parole difficilmente riusciranno a rendere la bellezza dello show. Anche se ciò che forse maggiormente lo caratterizza è l’atmosfera, che a volte è fiabesca ed altre terrificante, con momenti di azione ed altri in cui ci si sofferma sugli aspetti emotivi.
Ma perché ti sto parlando proprio del Doctor Who?
Perché, come accennato all’inizio, appena ho iniziato ad appassionarmi a questa serie non ho potuto fare a meno di notare molti elementi in comune con il coaching… tanto dalla prospettiva del coach, quanto da quella del coachee.
La determinazione, l’enorme curiosità e il procedere seguendo un piano (ma con la capacità di adattarsi nel caso dovesse andare a monte) fanno parte dell’atteggiamento che permea qualsiasi forma di coaching.
Proprio per questo mi sono divertito ad individuare 5 elementi tipici del Dottore dal quale ognuno di noi può imparare per la propria realizzazione.
Prima di vederli, però, vorrei prendermi un attimo per spiegarti quello che intendo per realizzazione.
Dal mio punto di vista, la realizzazione non ha niente a che fare con la definizione comune di successo, quanto con la capacità di avere un tipo di vita nella quale ci si sente (per il maggior tempo possibile) al posto giusto e al momento giusto.
Proprio in considerazione a questo, ho trovato 5 caratteristiche del Doctor Who, che ognuno di noi può fare proprie, per spingersi sempre di più all’interno della propria condizione di flusso.
1. Una umile curiosità
Credo sia proprio per questo che continuo a viaggiare… per scoprire che sbaglio.
Il Dottore è un personaggio molto sicuro, conosce perfettamente quali sono i suoi talenti e riconosce di essere una creatura più evoluta di quasi tutte le altre che incontra (come gli esseri umani, ad esempio) e – come ti ho detto – ha più di mille anni. Malgrado questo conserva ancora una curiosità che lo spinge ad essere umile. È come se sapesse che qualsiasi creatura incontri ha un proprio vissuto, una propria esperienza, che lo incuriosiscono perché diversi dalla propria.
Ad esempio, nella puntata Midnight il Dottore è su un treno in un viaggio turistico con altre persone, tutte impegnate a leggere, ad ascoltare musica o a guardare un film. La cosa non è che gli piaccia proprio tanto, così prende il suo cacciavite sonico (un aggeggio che può fare di tutto, a seconda della situazione) e crea un’interferenza con gli tutti gli apparecchi. In questo modo i compagni di viaggio sono costretti guardarsi in faccia e lui coglie l’occasione per conoscerli e farsi raccontare le loro storie.
Quando vidi l’episodio rimasi molto colpito da questa scena: a volte noi ci chiudiamo come dei ricci. Certo, c’è chi lo fa di più e chi lo fa meno, ma tutti – in almeno alcune occasioni – decidiamo di tenere il mondo fuori, di creare una barriera invalicabile dagli altri. Allo stesso tempo – e forse con una frequenza maggiore – ci approcciamo a ciò che non conosciamo dando troppi elementi per scontati.
Non è colpa nostra, è naturale che tendiamo a voler interpretare ciò che ci si para davanti alla luce di ciò che conosciamo. Eppure quando facciamo questo ci perdiamo qualcosa. Inevitabilmente succede che non osserviamo più ciò che ci circonda senza preconcetti, ma lo interpretiamo proprio alla luce delle nostre conoscenze pregresse.
Altre volte ancora, diamo per scontato di conoscere qualcuno solo perché, dopo un po’ di tempo, lo abbiamo incasellato. Insomma, lo abbiamo inserito in una categoria, insieme a tanti altri come lui.
Anche in questo caso, di nuovo, è come se stessimo perdendo qualcosa. Non ci diamo l’opportunità di andare oltre. Anche oltre il nostro stesso giudizio.
Invece, quando si riesce ad adottare questa umile curiosità, è come aprirsi completamente al mondo, all’inaspettato e all’ignoto.
Questo modo di essere dovrebbe essere fondamentale in un coach, ma possiamo andare anche oltre: forse dovrebbe essere fondamentale per qualsiasi persona si impegna in un percorso (che sia tanto un viaggio interiore, quanto uno di quelli che si fanno in giro per il mondo). Perché solo con questa umile curiosità si può apprendere davvero e scoprire ciò che a volte solo in pochi possono notare.
2. Pianificazione e adattamento
Una delle caratteristiche di Doctor Who è che il protagonista si ritrova quasi sempre in situazioni pericolose nelle quali deve salvare persone, mondi e anche la propria pelle. Malgrado ciò ha sempre un piano, sa esattamente cosa fare e come comportarsi.
Ovviamente le cose non sempre vanno per il verso giusto, certe volte accade che non ha preso in considerazione un fattore che alla fine si rileva determinante; altre, invece, può succedere che non ha calcolato le cose nel modo corretto. Ma, non appena se ne rende conto, ecco che cambia il piano, adattandolo alla nuova situazione.
Questo modo di fare non è tanto scontato come sembra. Quante volte ti sarà capitato di incontrare qualcuno che, dopo essersi reso conto che la strategia per raggiungere il suo obiettivo non è funzionale, continua ad adottare proprio quella stessa strategia?
Sono quasi certo che ti sarà capitato di avere a che fare con coachee che continuano a percorrere sempre la stessa strada, anche se alla fine c’è un muro.
Spesso, infatti, c’è una vera incapacità ad adattarsi ad i feedback esterni, a quei segnali dell’ambiente che ci indicano di cambiare la rotta.
Pianificare e adattare il piano in base ai feedback che si raccolgono è uno degli elementi fondamentali del coaching, anzi, è forse l’elemento fondamentale che distingue chi ottiene i risultati desiderati da chi invece non li ottiene.
Perché malgrado la determinazione, la forza di volontà e la passione che ci si mette, se non si è in grado di cambiare strategia quado è il momento sarà impossibile conquistare ciò che si vuole.
È un po’ come decidere di andare da casa propria a quella di un amico, facendo la strada che di solito si fa. Solo che, ad un certo punto, ci si rende conto che la strada è interrotta. In queste occasione i casi sono due: o si torna indietro e si rinuncia, oppure si trova una strada alternativa.
Certo, c’è anche una terza opzione: tornare indietro e riprendere il percorso sino alla strada interrotta, sorprendendosi che anche questa volta non si può procedere avanti.
Se l’ultima alternativa risulta ridicola, ti chiedo di notare quante volte hai colto questo comportamento nelle persone che ti circondano.
Bè, Doctor Who ci insegna che non importa quanto è geniale la tua strategia, se non funziona la devi cambiare immediatamente… altrimenti tutto lo spazio tempo potrebbe essere in pericolo!
3. Una visione chiara
E’ così che io vedo l’universo. In ogni istante io vedo le cose come sono, com’erano, come potrebbero essere e come non devono essere.
Quando nel campo del coaching si parla di Vision si intende il modo in cui secondo noi dovrebbe andare il mondo se andasse nel modo giusto. La Vision non ha a che fare con gli obiettivi, i risultati che si vogliono perseguire, non riguarda sé stessi, ma il contesto più grande, il benessere di tutto ciò che ci circonda. All’interno di alcuni percorsi di coaching, si può partire dalla Vision per poi declinare tutti i vari obiettivi. In questo modo, si porta il coachee a far incastonare ogni suo obiettivo all’interno del contesto più grande dei propri valori, delle convinzioni, dell’identità e della spiritualità. Ciò crea un allineamento che non può che restituire energia e motivazione al cliente.
Il Dottor Who sembra avere una Vision estremamente chiara. Proprio per questo non importa quanto possano cambiare i piani, non importa se un suo obiettivo salta o se incontra una qualche difficoltà, lui sa perfettamente qual è il punto di arrivo e riesce di nuovo a tracciare la rotta.
Quando abbiamo una Vision chiara è un po’ come avere una sorta di GPS interno che, se trova una strada interrotta, ricalcola immediatamente il percorso per arrivare comunque a destinazione.
Il Dottore sa sempre cosa fare, proprio perché ha perfettamente chiaro il suo disegno di come deve essere l’Universo.
4. Mai crudele, mai codardo
Nella sua lunga vita, il Dottore ha dovuto affrontare una guerra terribile, conosciuta come la guerra nel tempo, durante la quale ha dovuto comportarsi come un vero soldato. Una volta conclusa, però, ha fatto una promessa a sé stesso: da quel momento in poi non sarebbe stato mai crudele e mai codardo.
Tutto questo viene rivelato nell’episodio che celebra i cinquant’anni dello show e, se devo essere onesto, dopo aver visto la puntata non ho potuto fare a meno di rendermi conto di quanto questo proclama non sia per niente facile da seguire.
Spesso siamo in balia degli eventi, dai quali ci lasciamo condizionare, se non addirittura plasmare.
C’è un concetto che uso spesso, tanto nei corsi quanto nelle sessioni private, la differenza tra reazione e azione. La persona che agisce per reazione la possiamo riconoscere facilmente, perché fa affermazioni di questo tipo: “Io mi comporto così come gli altri si comportano con me!”
Sembra un’affermazione logica e, in qualche modo, anche saggia, ma cela un inganno pericoloso.
Infatti, chi agisce secondo questo principio altro non sta dicendo che si lascia influenzare da ciò che lo circonda, lascia che un evento o una persona la plasmi a sua immagine e somiglianza.
“Io do quello che ricevo” è un’altra affermazione di chi reagisce.
Il metro di paragone non è sé stesso, con le proprie idee e il proprio sentire, ma l’altro, a cui si adatta come un pezzo di pongo.
Invece, oltre ad avere una Vision chiara (come abbiamo visto sopra), chi agisce parte da sé stesso, da ciò in cui crede, da ciò che ritiene giusto, da ciò che il suo cuore gli dice. E per quanto a volte gli eventi lo possano colpire, far cadere, se non addirittura farlo sanguinare sino allo stremo, ricorda sempre chi è. Non lascia che il mondo lo spezzi, ma si ricompone per andare nella sua direzione, adattandosi all’ambiente, ma senza lasciare che questi lo cambia.
Il motto del Dottor, mai crudele mai codardo, è il suo modo per ricordarsi chi è e tutto ciò che deve fare per non perdersi.
Tornando al mondo del coaching, tutto questo si può declinare in un modo: ricorda chi sei, chi sei nel profondo, ricorda quello in cui credi, quello che trovi giusto e onesto e percorri quella strada, senza permettere che qualcuno ti faccia perdere pezzi per la strada.
5. Non dimenticare tutto quello che sei stato
Cambiamo tutti, se ci pensi bene. Siamo tutte persone diverse nel corso delle nostre vite, e va bene così, ottimo, bisogna continuare ad evolversi. L’importante è ricordare tutte le persone che sei stato. Non dimenticherò neanche un istante di tutto questo. Neanche un giorno. Lo giuro.
Una delle caratteristiche del Dottore è che lui non muore, si rigenera. Questo fu un espediente per rendere plausibile che il personaggio potesse essere lo stesso, anche se cambiavano gli attori che lo interpretavano (tutt’ora ce ne sono stati ben tredici).
La rigenerazione, però, ha una conseguenza: la personalità del Dottore cambia. In fondo resta sempre lo stesso, con i suoi valori, i suoi principi e le sue motivazioni, ma tante altre piccole cose mutano.
E se ci pensi è quello che succede anche a noi esseri umani.
Certo, se il Dottore vive questo cambiamento in pochi secondi, noi lo viviamo nel corso degli anni.
Pensa a chi eri cinque anni fa e dimmi se davvero è la stessa persona che sei ora?
Magari gli aspetti principali ci sono ancora, ma sono cambiati i gusti, certi comportamenti, così come determinati modi di pensare.
A volte riusciamo a ricordarci di tutte le persone che siamo stati, purtroppo altre volte lo dimentichiamo.
Ho lavorato per un po’ di tempo con una ragazza che in tre anni ha cambiato radicalmente la sua vita: venticinque chili sovrappeso, insicura, remissiva, parcheggiata all’università a tempo perso e convinta che non si sarebbe mai laureata. Nel tempo si è messa in forma, ha creduto in sé stessa, si è laureata e ha iniziato a lavorare in modo di gran lunga più brillante della stragrande maggioranza dei suoi colleghi.
Eppure, un giorno, mentre parlavamo, lei mi disse: “Ho conosciuto questa ragazza… grassa, per niente curata, che si ingozzava davanti a me… e mi ha fatto un po’ schifo… come ci si può ridurre così?”
Io, che sono sempre un po’ provocatorio, le risposi: “Non lo so. Dimmelo tu, se non mi sbaglio, sino a qualche tempo fa eri come lei”.
La cosa l’ha destabilizzata non poco e questo era il mio intento.
Perché, per quanto meravigliosa possa essere la tua evoluzione, se dimentichi chi eri, con le tue debolezze e le tue fragilità, rischi di metterti su un piedistallo da quale non puoi guardare negli occhi le persone.
In questo caso, la mia cliente, invece di guardare con tenerezza un altro essere umano che viveva lo stesso disagio che aveva subito lei, ne prendeva le distanze, e con una certa arroganza la giudicava.
Tutti i nostri io, tutte le personalità che abbiamo alternato nel corso degli anni, devono aiutarci non solo a capire il percorso che abbiamo fatto, ma comprendere gli altri, che magari sono rimasti qualche passo dietro di noi. Solo in questo modo possiamo conservare una prospettiva ampia delle cose.
Non dobbiamo dimenticare chi siamo stati, non semplicemente per ricordare i nostri successi, ma perché tutte quelle persone sono ancora con noi e ci offrono più sguardi sul mondo, più modi di sentire.
Perché quando ci ricordiamo di quello che siamo stati, abbiamo il coraggio di guardare negli occhi quello che eravamo in passato e, di conseguenza, abbiamo la forza di guardare gli altri, con occhi più profondi, più brillanti. E questo ci consente di aprirci agli altri e al nuovo.
Ti dico la verità, potrei continuare parlarti del Doctor Who per ore e ore. Ma penso che il succo essenziale di una sua visione filtrata con gli occhi del coaching, siano questi i punti fondamentali.
Punti che chiunque può seguire e che lo mettono nella condizione di ottenere i risultati che desidera, rispettando sé stesso e ciò che lo circonda.
In realtà, spero che con questo articolo ti abbia invogliato a vedere qualche episodio (sono uno di quelli che quando si appassiona a qualcosa vuole condividerla con chiunque), se lo farai spero che adotterai questa lente di visione che ti ho proposto.
Se, invece, anche tu sei un fan della serie, mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista.